Non vedevo l’ora di essere qui a parlare di Get Out di Poison.

Ho avuto il piacere di conoscerlo molto prima di ascoltare questo disco.

Ho sentito anche il suo primo EP autoprodotto, registrato così così, mixato poco o nulla e in copia prodotta a mano. Ce l’ha portato nostro fratello Supa Kala un giorno in Stanza, dove i Sons of Babel si trovano a fare musica e a registrare.

“Ascoltate questo ragazzo, spacca di brutto”. Cazzo, se spaccava.
“Quanti hanni ha?” ho chiesto.
“Fratello, questo ragazzo ha sedici anni”.

Lì sono proprio rimasto a bocca aperta. Perché ci sono diverse cose che colpiscono del rap di Poison. Il flow, la maturità artistica, gli incastri, la voce… Ma sono soprattutto i contenuti che ti vengono riversati nelle orecchie e che ti fanno spalancare la mascella.

Get Out è quella mascella spalancata di qualche mese fa, ma forzata un po’ di più. Perché adesso Riccardo Vedovati ha quasi un anno in più, perché ha lavorato con persone che fanno rap già da tempo e che lo hanno fatto crescere quel piccolo gradino; come Loopin, autore di tutti i beats del lavoro.

Il disco, che si può trovare su tutti gli store digitali, si apre con Un po’ di più: un grande beat di Loopin sul quale il ragazzo ci mostra quanto sa spingere. Se vi capita di sentire questo pezzo live preparate i ponteggi perché al chiuso crollano i soffitti.

La seconda traccia è Get Out, la titletrack; a mio avviso la traccia migliore del disco: racchiude tutta la poetica dell’album, il beat introspettivo fa da tappeto perfetto per questo sfogo che è veleno puro, che è la confessione rabbiosa dal cuore di questo ragazzo, aperto e riversato direttamente dalle casse.

“Qua tolgono l’identità, vogliamo tutti fare i vip, tutti fare le rockstar. Tutti trap, tutti con la purple drank, sì ma che coglioni: tutti uguali e felici, un po’ meno soli”.

Dove sei? è un pezzo più serrato e prettamente hardcore; sarebbe il solito pezzo da dissing, solo che qui Poison dissa Dio. Avete mai sentito un sedicenne talentuoso prendersela con Dio senza sembrare i Tokyo Hotel? Andatevela ad ascoltare, allora.

Il disco prosegue con pezzi più psichedelici e più tecnici: le ultime tre tracce sono Vieni con me, Come Truman e Vado giù di testa, dove Poison ci porta nel suo mondo, nel suo inferno di provincia. Se avete la bocca ancora spalancata chiudetela, ci entrano le mosche, ormai è quasi stagione. Sì, ha sedici anni e spacca di brutto. Sì, li abbiamo sentiti gli incastri e il flow. Si, anche i contenuti. Lo sappiamo che non sembrano quelli di un sedicenne, ma tant’è.

Lo so che ve lo state chiedendo, una volta arrivati alla fine del disco con la necessità impellente di rimandarlo da capo; lo so, davvero. Me la sono fatta spesso anche io quella domanda.

Cosa può fare questo ragazzino tra dieci anni?

Noi non vediamo l’ora di scoprirlo.